Una luce abbondante
Recensione a cura di ELisa Chriano
Sonia Serazzi, Una luce abbondante, Rubbettino editore, Collana Velvet, 2024
A Sacravento c’è una luce abbondante, che attraversa le vite imperfette di bambini (che sono già vecchi) e di adulti sbagliati (che suggeriscono cose giuste). A Sacravento ci sono tetti sfondati, erbacce sui ballatoi di case abbandonate, baracche di lamiera, viottoli polverosi al posto delle strade. Sacravento è una periferia abitata da creature marginali, quasi fiabesche, capaci di sconfinare, andando oltre il buio in cerca di luce. Qui si possono incontrare bimbi soli, che passano le giornate a dipingere i gatti con certi colori indelebili, rimediati frugando in mezzo ai rifiuti delle scuole. Qui si può fiorire grazie alle parole, che illuminano un luogo non luogo; grazie a un inizio, che viene sempre dopo ogni fine; grazie a chi sa parlare con silenzi di piombo o sta zitto scrivendo discorsi di luce. Qui anche il nero può bussare alla porta: basta non aprire e usare un punto esclamativo! Chiunque può abitare qui, perché Sacravento è abitato dalla luce, divina e umana, quella trascendente e quella che nasce da uno sguardo di fede. È una luce che lega le cose le une alle altre, anche quelle nascoste o prigioniere; che si insinua nelle fragilità e nelle crepe e feconda la vita in una terra sterile.
Sonia Serazzi torna in libreria, dopo sei anni dal suo ultimo lavoro e in occasione del ventennale dal suo scoppiettante esordio letterario. La sua penna, attenta al dettaglio, alla cura meticolosa e amorevole per le storie minute, costruite su molteplici voci, ci ricorda che la libertà è luce e che l’amore è oltre-luce. Sonia Serazzi non scrive semplici storie, ma storie dei semplici, di chi la vita deve acchiapparla lottando e imparando a tenerla stretta. Scrive di chi costruisce i suoi spazi e lascia fuggire dalle gabbie dei pregiudizi i destini che hanno affidato ai luoghi i loro segreti. Una luce abbondante racconta di biglie, di angeli chiusi a pascolare nei recinti, di corpi difettosi da allenare controvento e di fallimenti, che sono capitomboli regali in mezzo all’azzurro delle onde. È una storia da leggere rileggendola, per ricucire i frammenti delle vite sparse. È un romanzo che ci fa riappropriare del piacere di essere lettori, pronti a riacciuffare il tempo lento della parola letta. Questo libro è una voce di bimba, che corre più veloce delle sue scarpe e che impara a cavalcare sul nero con la penna, perché un sole può anche essere conquistato. Qui le parole diventano poesia e preghiera. Riescono a sconfinare, ad andare oltre in cerca di posti che confidano segreti: parole erranti che intrecciano vite e storie; parole leggere, che si muovono veloci e agili, si infilano nei cuori per chi sa farsi sottile e si dilatano, offrendosi e moltiplicandosi per divisione. Sonia esplora le vite, indagando le esistenze, attraverso il Vangelo vissuto di un padre misericordioso e di una suora che toglie il velo e indossa la sua maternità altra. Ci accompagna nella scoperta dei silenziosi sì di Sarsì che incontrano il sì generativo di suor di suor Teresa e basta, madre di una creatura che non ha partorito. Marinzaina invece concepisce angeli, ama guardare la realtà attraverso le biglie colorate. Sogna e, quando c’è da piangere, cancella i suoi occhi dentro i colori. Cerca di inchiodare con una penna il mondo che scappa e, se capisce che proprio non può farci niente, lo guarda rotolare, come una biglia, un po’ come accade con le persone.
Francabbù irrompe e nella storia per prendersi ciò che le appartiene: la sua vita. È schietta e sincera, come il suo nome lascia intendere, ma è anche piena di dubbi e di domande, che terminano con un punto esclamativo. Dice ciò che pensa con semplicità e chiarezza. Al mondo tutto tondo delle biglie di sua madre, preferisce la verità nuda e cruda, gli spigoli. Le capita a volte di sentirsi come un calzino spaiato: mentre gli altri bimbi sono ben curati e seguiti dai genitori, lei ha dovuto imparare a far tutto da sé. Non le piace il mondo sognante di sua madre, preferisce una storia quadrata e non quel morbidume che la testa inventa per riposarsi. E pazienza se gli spigoli ti sbattono in faccia e bucano! Si sente difettosa, ma suo padre le ha insegnato che lei è giusta, perché è creatura di Dio, ed essere giusta non significa essere il meglio, ma solo essere quello che si è.Francabbù (cresciuta troppo in fretta e madre di sua madre), Sarsì (dal respiro delicato), Marsol (bocciolo con la lingua incagliata), Silverio (padre misericordioso, che crede nell’avanti e il dietro non lo guarda mai; che ama andando oltre le apparenze), Marinzaina (che vive in una bolla con le sue biglie; che acchiappa il mondo per portarlo a casa sua e intanto partorisce angeli, perché della gente senza ali non si fida), suor Teresa di Cristo e basta (che vive dell’essenziale e basta): sono cercatori e creatori di luce e questo è tutto ciò che serve per illuminare una vita controvento a Sacravento.
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