L’illusione del melograno
Recensione a cura di Elisa Chiriano
Marcostefano Gallo, L’illusione del melograno, Pellegrini Editore, 2021, pp. 240
Un piccolo borgo calabrese, una casa abbandonata, un mistero celato dagli anni, un melograno, un laghetto di montagna, il proprietario dell’unica farmacia del paese: sono gli ingredienti di questo romanzo a colori, metafora della vita, fatta di attese e speranze, illusioni e disillusioni, realtà e finzione. Nascoste tra le mille sfumature del grigio, che sembrano caratterizzare -almeno inizialmente- la vita del protagonista, compaiono le tinte rosa di una storia d’amore, ma anche i toni gialli e neri di una vicenda che assume aspetti sempre meno incomprensibili e decifrabili, in un incedere che tiene il lettore con il fiato sospeso. Sarà necessario seguire con attenzione il dipanarsi delle vicende per scoprire, come spesso accade, che la verità è sempre altra e altrove. Tancredi riporta immediatamente nella mente del lettore l’immagine del cavaliere di stirpe normanna, che Tasso ha immortalato in gloriose pagine. Un’ assonanza che è consonanza del sentire e del vivere tra due eroi tormentati, che sono in realtà martiri dell’ineluttabilità del destino, in quel panta rei che tutto sembra uniformare sotto apparenti equilibri. Confuso, spaesato, si sentiva come un tronco d’albero trasportato dalla corrente di un fiume, inerme e destinato a non scegliere mai. […] Tancredi era simile a chi arriva a festa finita, un po’ come il melograno, che esplode di gioia carico di frutti in autunno, quando al rigoglio dell’estate sono ormai subentrati tutto intorno morte e depressione. La vita del farmacista, rampollo di nobile famiglia e dal futuro roseo, scorre in un moto costante, quieto e uniforme. Ma tutto cambia, anzi tutto inizia, nel momento in cui arriva un medico di base del nord, una donna diversa dal solito. È l’inizio della svolta, di un percorso che procede per disvelamento, attraverso segni che diventano segnali di un passato che ritorna con tutto il suo carico di “perché”, fino all’epilogo che lascia il lettore sbigottito e incredulo. Il melograno, a cui da sempre è associata un’alta valenza simbolico-esoterica, in questo romanzo indossa gli abiti di muta presenza dinanzi al volgere degli eventi. Diventa vigile testimone di amori, sofferenze e inganni, perché la vita non sempre è come appare! È l’illusione di chi arriva a una festa pieno di sogni e aspettative mentre questa è già finita. L’albero e i suoi frutti preziosi: un amore indissolubile, creativo, generato e generante. Nell’esistenza di tutti noi c’è sempre la lotta continua tra la verità apparente e quella tangibile, che magari viene fuori dopo estenuanti ricerche. Vita e morte sono un ciclo continuo, ci accompagnano nel corso nel nostro cammino e ci impongono delle scelte da prendere: è difficile decidere cosa lasciar dietro e cosa portarsi dentro! La potatura si impone, pertanto, come atto dovuto e necessario, per l’esistenza in genere. È un’operazione che richiede cura e attenzione, ma che produce il rinnovamento e la rinascita. Ci vuole coraggio per togliere la patina di polvere che si cela sopra il velo. Bisogna essere particolarmente decisi per far questo, ma è l’unico accesso alla libertà. Il paracadute della comoda finzione ci porta a terra placidamente, ma nega un senso alla nostra vita.Tancredi riuscirà a gettarsi nel vuoto?
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